Referendum, voto, innovazione e Bitcoin: perché dire sempre NO? Il mondo cambia e l’Italia si nasconde.

Referendum, voto, innovazione e Bitcoin: perché dire sempre NO? Il mondo cambia e l’Italia si nasconde.

Di CESARE MARANGIELLO.

Perché dobbiamo sempre essere gli ultimi, e dire sempre di NO a tutto? È una domanda che ritorna ogni volta che ci troviamo davanti a una scelta che riguarda il futuro. E il referendum di giugno, al di là del quesito specifico, rappresenta proprio questo: un bivio tra chi vuole cambiare le cose e chi continua a trincerarsi dietro il solito NO a tutto. NO al referendum, NO al voto, NO al nucleare, NO alla salvaguardia della salute pubblica, NO alle politiche giovanili, NO all’autonomia di fine vita, NO alle nuove tecnologie. No a tutto ciò che propone apertura, flessibilità, innovazione. Come se dire NO ci rendesse più sicuri. Come se il mondo, là fuori, stesse aspettando che ci decidessimo. Ma il mondo va avanti. Con noi, o senza di noi. Pensiamo a Bitcoin, alle stablecoin, all’universo dei cripto-asset. Una tecnologia che il pianeta sta sempre più accogliendo, riconoscendone il valore strategico, il potenziale trasformativo, la capacità di rimettere in discussione schemi consolidati e ormai logori. E noi? Noi, invece, continuiamo a ripetere che “legittimare le criptovalute è un rischio fatale” (un’affermazione rilanciata dai quotidiani proprio pochi giorni fa, durante il Festival dell’Economia di Trento). Ma le nuove tecnologie sono davvero un pericolo insormontabile? È davvero questa la minaccia da cui dobbiamo fuggire? Ma il progresso non aspetta nessuno. L’evoluzione non si ferma e non chiede permesso. La ricerca scientifica e tecnologica prosegue. I migliori cervelli al mondo vanno dove trovano apertura, dove c’è flessibilità, dove si crede nel futuro. L’evidente difficoltà del sistema economico e politico globale è sotto gli occhi di tutti. Sta collassando sotto il peso delle sue contraddizioni: disuguaglianze crescenti, politiche monetarie insostenibili, manipolazioni di mercato, debiti fuori controllo. Eppure, mentre tutto questo accade, continuiamo a chiuderci, a dire che no, i crypto-asset sono troppo rischiosi, troppo nuovi, troppo diversi. E se non fossero un azzardo, ma un’opportunità? E se Bitcoin non fosse la rovina, ma una possibile svolta? Perché guardare solo ai rischi, e non anche al valore, ai vantaggi? Non serve essere esperti di economia per capire che il sistema sta implodendo. Basta guardare con onestà intellettuale ciò che abbiamo sotto gli occhi. Dopo aver manipolato i mercati in ogni modo possibile, l’uomo si ritrova senza più soluzioni credibili. L’innovazione fa paura perché è difficile da controllare. Ma è proprio questa la sua forza: decentralizzazione, trasparenza, assenza di un potere unico che decide per tutti. Si dice che i cripto-asset siano usati dai criminali. Vero. Ma lo sono anche il dollaro e l’euro. E nessuno ha mai pensato di bandirli. Le linee aeree sono state usate dai terroristi, eppure nessuno ha mai proposto di abolire il volo. Le linee telefoniche sono lo strumento preferito per le truffe, ma nessuno mette al bando le compagnie telefoniche. Perché, allora, trattare le criptovalute come una rischiosa anomalia da evitare, invece che uno strumento da comprendere, regolare e integrare? Oggi il mondo è a un punto di svolta. Chi resta fermo, chi si chiude, chi rifiuta ogni possibilità di cambiamento, rischia di essere tagliato fuori. Non possiamo più continuare a difendere un sistema che mostra ogni giorno di più la sua fragilità. E non possiamo più accontentarci di dire sempre e solo “NO”. Abbiamo bisogno di una cultura della possibilità, non del divieto. Di una democrazia che si esprima attraverso il voto, la ricerca, l’investimento, il pensiero critico. Abbiamo bisogno di tornare a pensare in grande. Il referendum di giugno è anche questo: una domanda sul nostro posto nel mondo. Vogliamo restare spettatori o tornare protagonisti? Abbiamo ancora il coraggio di dire un SÌ al futuro?

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